Sono nato in Sardegna, in una città di mare di origine focea e dal toponimo greco, in un divertente contesto i cui confini antropologici sono tracciati, in modo netto, dallo scambio di reciproci complimenti tra i suoi stessi abitanti: “caragnanesi macchi”, “timpiesi paddosi”, “tarranoesi mandroni”. Il periodo era quello a cavallo tra la morte di Iosif Stalin, l’esplosione del rock’n’roll e l’inizio della rivoluzione cubana, mentre in Italia partivano le prime trasmissioni ufficiali del programma nazionale della Rai-Radiotelevisione italiana, quando per acquistare un televisore erano necessarie quasi dodici mensilità di un reddito medio.

Mi sono iscritto ad Architettura, a Roma, nel 1975. La facoltà era sovraffollata. Dopo qualche tempo sono passato a Sociologia. Ma sono stato sempre un pessimo studente. Così, con la nascita delle prime radio libere che trasmettevano in modulazione di frequenza, mi sono occupato di altro e sono entrato anch’io dentro quel fenomeno “clandestino” che negli anni Settanta si sarebbe trasformato in una vera rivoluzione nell'intrattenimento e sul piano delle idee nella comunicazione; dedicandomi, prima, all’attività radiofonica, e poi a quella giornalistica sulla carta stampata.

Il mio primo articolo era un servizio sul Living Theatre - la più radicale esperienza di sovversione teatrale del Novecento - con un'intervista a Julian Beck ("l'unica rivoluzione possibile è aiutare la gente a pensare con la propria testa") in occasione della prima grande marcia antimilitarista in Sardegna. Qui ho raccontato qualcosa degli esordi: L'ultimo dei muckrakers.

Per una decina d'anni, ho scritto di politica e di costume, spesso in chiave satirica, per Sassari Sera, storico (per alcuni “controverso”, ma è un aggettivo che trovo persino più interessante di “storico”) periodico politico di controinformazione; ho collaborato anche con la Nuova Sardegna, soprattutto nelle pagine di cultura e spettacoli, con un altro quotidiano sardo, e ho scritto qualcosa per L’Unità. Nello stesso tempo ho continuato l’attività musicale cominciata da ragazzo, ricercando nuove sonorità nell’ambito della musica etnica e componendo qualche colonna sonora: nel sito sono distribuite in ordine sparso alcune musiche e canzoni di quel periodo.

Nella prima metà degli anni Ottanta ho cominciato a interessarmi alla pubblicità, per via della mia passione per la grafica. Nel 1987 mi sono trasferito a Milano, chiamato da Gavino Sanna, una delle figure fondamentali nel rinnovamento della comunicazione pubblicitaria italiana tra gli anni Ottanta e Novanta, forse l’unico tra i grandi pubblicitari ad aver goduto di una vasta popolarità fuori dalla cerchia ristretta degli addetti ai lavori (erano gli anni in cui la pubblicità in Italia, grazie alla spinta e all’interesse dei media di massa, approdava in territorio nazionalpopolare e diventava fenomeno culturale). Nello stesso anno, sono stato assunto nella sede milanese della Young & Rubicam, che allora era una tra le più importanti agenzie pubblicitarie del mondo e la prima per fatturato, con il ruolo di copywriter.

Sin dagli esordi in Y&R, mi sono occupato soprattutto di cosiddetti “brand di nicchia” (così vengono definite quelle imprese, spesso di proprietà di un fondatore o di una famiglia, che vantano una quota di mercato dominante in settori di nicchia e capaci poi di espandersi a livello mondiale), circostanza che mi ha dato l’opportunità di lavorare il più delle volte su una comunicazione di qualità e di vedermi assegnato di conseguenza, mio malgrado e grazie alla stretta collaborazione con Sanna, qualche diplomino o premiolino allora più in voga: il Clio Award (che allora era un molto ambìto “oscar of advertising”), gli Andy Awards dell’Advertising Club of New York, l’Award of Excellence di Communication Arts, i New York Festivals Awards, Festival International du film publicitaire di Cannes, Art Directors Club of New York, Radiofestival, Grand Prix Pubblicità Italia, Targa d’Argento, Printitalia, Eurobest, Art Directors Club Italiano, e, forse come incoraggiamento, anche un premio interno della Young & Rubicam. Alcuni lavori sono stati pubblicati nell’Art Directors Annual americano e in quello italiano, su Advertising Age, Archive, Communication Arts, Graphis. Nel 1993, il settimanale Panorama inseriva il mio nome, in qualità di creativo pubblicitario, in una lista dei trentenni emergenti che promettevano di diventare i “protagonisti dell’Italia di fine millennio”: i miei parenti hanno pensato a un refuso, gli amici a uno scherzo, i colleghi a un inconsapevole (senza dolo) scambio di nome.

Oltre la comunicazione pubblicitaria per mezzo delle diverse discipline multimediali, mi ha interessato, praticamente da sempre, la satira e in particolare il disegno satirico. Qui ho scritto qualcosa sull’argomento: Satira, caricatura ed estetica del brutto. Ho pubblicato i primi disegni nel supplemento satirico del quotidiano romano Paese Sera per gentile intercessione di Angese, figura di primo piano della satira di quegli anni e tra i fondatori della rivista Il Male; un solo disegno (per mia colpevole indolenza) nel Male, di cui però sono molto orgoglioso, perché lo considero un vero battesimo amministrato per immersione nell’inchiostro della satira più feroce e cialtronesca (però per fortuna poi si guarisce almeno un po’); e, sempre alla fine degli anni Settanta, nel periodico Sassari Sera. Ho collaborato per diversi anni con Linus (che per alcuni decenni - mi riferisco alle direzioni di Oreste del Buono e Fulvia Serra - è stata la rivista più importante del fumetto e della satira in Italia) e con altri giornali quotidiani e periodici, tra cui mi piace ricordare Diario, il settimanale diretto sino al 2008 da Enrico Deaglio, che trovavo affascinante, soprattutto per quel suo aspetto grafico che metteva più tristezza del cinema povero-polacco di Petrektek e Kripstak.

Nel 2006 ho aperto un blog, dove continuo a scrivere ogni tanto.